L’altare e l’ambone, S. Nicola da Tolentino

L’altare e l’ambone, S. Nicola da Tolentino

Chiesa San Nicola da Tolentino, Venezia

27 Maggio 2016

Presentazione Domenica 29 maggio nella Chiesa di San Nicola da Tolentino, Campo dei Tolen-tini, Venezia:
ore 11,00: Eucaristia con benedizione dell’altare e dell’ambone
ore 11,50: Inaugurazione dell’opera alla presenza dell’autore

opere di Alberto Gianfreda
a cura di don Gilberto Sabbadin e don Marco Scarpa
consulenza architettonica: arch. Giovanna Ferrari
consulenza liturgica e architettonica arch. Francesca Leto
consulenza storico-artistica prof. Andrea B. Del Guercio
approvazione e consulenza Diocesana arch. Gianmatteo Caputo, Delegato dell’Ufficio Diocesa-no Beni Culturali Ecclesiastici.

Realizzato con il contributo e la collaborazione di Okite

L’altare e l’ambone saranno visibili da Giovedì 27 Maggio 2016 ore 10,00

Di fronte alla ‘macchina scenica’ del maestoso altare tridentino policromo, si colloca il nuovo altare rispondente alle indicazioni conciliari: “rendere possibile la celebrazione rivolti al popolo” e “consentire di girarvi intorno e di compiere agevolmente tutti i gesti liturgici ad esso inerenti” (CEI, L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, 1996, n. 17) e fuori dal presbiterio, in prossimità dell’assemblea è posizionato l’ambone, entrambi opera di Alberto Gianfreda.

L’altare è caratterizzato da una lieve opalescenza della superficie in grado di caricare la luce,
caratteristica specifica del materiale scelto. Su di essa si condensano piccole schegge di materiale
colorato, azzurro e grigio. Le singolo facce dell’altare si presentano come schermi con la duplice capacità
di proiettare verso l’assemblea celebrante un’estensione luminosa e attrarre verso di loro i frammenti a
forma di cuneo che si inseriscono e partecipano alla luminosità di questo polo centrale diventandone parte
costitutiva e determinante. I frammenti infatti si concentrano verso la parte alta dell’altare fino a
raggrupparsi per creare la distinzione tra ara e mensa. La mensa è sottolineata da un lieve stacco che
enfatizza l’importanza della tavola raggiungendo così l’apice espressivo e di senso di questo polo
liturgico.

L’ambone concorre a dare continuità di senso con l’altare nell’uso del medesimo materiale di base e
nel rigore della forma. L’immagine a cui fa riferimento è quello del sepolcro vuoto. Un tessuto fatto di
materiale rigido, bloccato, statico per natura diventa flessuoso e morbido, memoria di una veste spostata,
di un’ala d’angelo, di una parola che si estende. Anche in questo caso il disvelamento lascia spazio ad
una superficie di luce. Entrambi i poli oltre a rispondere alla funzione liturgica per cui sono progettati, si
inseriscono per forma, materiali, e riferimenti nel panorama complesso dei linguaggi della scultura
contemporanea interrogando uno dei punti cruciali sul quale oggi la scultura si interroga: il continuo
rapporto tra ciò che è permanente e statico, (natura della scultura stessa e dei suoi materiali) rispetto alla
temporaneità delle “cose” che viviamo. La scultura risponde così frammentandosi e ricostruendosi fino a
conquistare la mobilità come potenzialità interna ai materiali stessi.

I due poli liturgici, altare e ambone, oltre a rispondere alla funzione per cui sono progettati, si inseriscono per forme, materiali, e riferimenti nel panorama complesso dei linguaggi della scultura contemporanea misurandosi sul rapporto tra ciò che è permanente e statico, (natura della scultura e dei suoi materiali) e la transitorietà delle “cose” che viviamo attraverso un processo tra frammentazione e ricostruzione della materia e della forma. Per entrambi spicca la presenza inedita e originale delle lastre di Okite, di un nuovo materiale di sintesi tra quarzo, resina poliestere e pigmenti naturali, in grado di apportare quegli evidenti elementi di luce e soprattutto di colore, che reinterpretano e rilanciano nella Chiesa dei Tolentini i valori della pittura veneziana.
Rispettando il valore monumentale della pietra, i dati di centralità e di attrazione nello spazio, la specifica lavorazione delle lastre di Okite, la loro mirata frammentazione policroma, altare e ambone appaiono in grado di affermare il valore dell’habitat familiare proprio del sistema sociale contemporaneo, di contrassegnare la memoria della cultura domestica riconfermando i valori e le funzioni della liturgia cristiana.

La sede invece si differenzia per materiale dal luogo della parola e dell’eucarestia per avvicinarsi
all’assemblea. […] La continuità tra la seduta del celebrante e gli altri due scranni è sottolineata da una
pedana che ne unifica la funzione, mentre la differenza di ruoli è marcata dalle differenti altezze degli
schienali. Le sedute vivono proprio dell’eccezionalità della funzione di prossimità all’assemblea e di guida
della stessa. Se il legno conferisce vicinanza, il tessuto realizzato per coprirle e ornarle, fa crescere il
valore delle stesse. Una trama intrecciata di bianco e azzurro e grigio copre i tre sedili e lo schienale del
celebrante conferendogli importanza.

La produzione e l’istallazione delle opere si inseriscono nel
Progetto A.R.T., Advanced Refrigeration Technology.
Nutrimento e conservazione dellʼarte.
A cura dell’Ufficio di Pastorale della Cultura e dellʼUniversità del Patriarcato di Venezia, in collaborazione con la Cat-tedra di Storia dell’Arte Sacra e Contemporanea prof. A. B. Del Guercio dellʼAccademia di Brera Milano e la Commis-sione Beni Culturali della Diocesi di Milano.

 




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